“Il tempo che faceva”, di Aldo Boraschi

Cercate nella vostra memoria un momento particolare della vostra vita. Uno di quelli importanti, a cui attribuite un significato particolare.

Ecco, fatto? Bene.

Ora cercate di far mente locale su un dettaglio di quel momento: il tempo che faceva. C’era il sole? Pioveva? Era freddo, caldo, umido, secco? Non so voi, ma io difficilmente ricordo le condizioni metereologiche dei momenti passati, a meno che queste non abbiano avuto una certa influenza in questi momenti.

Tuttavia, come scrittore, il meteo è un elemento centrale della narrazione. Il tempo che faceva nelle mie storie ha un ascendente sui personaggi, sul loro agire e sul loro umore. A volte è il caldo soffocante, altre la nebbia, altre ancora l’umidità, o il freddo. Ci sono libri che hanno come titolo il tempo che faceva: il primo che mi viene in mente è Maccaia, di Bruno Morchio. (altro…)

Notas para una Navidad en compañía de Charles Dickens

Hace unos días, el Papa Francisco aconsejó vivir esta Navidad de 2020 lejos de las exageraciones del consumismo, recuperando algo del sentido más auténtico de la festividad. Lo veo francamente complicado, ya que cada instante de las celebraciones navideñas (sean los momentos de convivialidad sean los intercambios de dones) están perfectamente integrados en nuestras sociedades, basadas en el consumo y el libre mercado. Sin embargo, al margen de este detalle y de los matices religiosos, las preguntas que me hago son cuáles son los valores que realmente asociamos a la Navidad y, en consecuencia, dónde tienen sus orígenes.

Encontrar solución a estas dudas no es tarea fácil. Al mismo tiempo, este espacio no sería el oportuno para hacerlo. No obstante, la reflexión del Papa me ha animado a volver sobre el título de una película estrenada hace unos años: Charles Dickens – El hombre que inventó la Navidad. El film reconstruye con libertad la génesis de uno de los relatos navideños más conocido de Occidente, La canción de Navidad de Charles Dickens, publicado en 1843. Gracias sobre todo a una afortunada versión animada de Disney, la mayoría de nosotros conoce la historia del viejo Ebenizer Scrooge y de su conversión, que se llevó a acabo gracias a la visita de tres fantasmas la noche entre el 24 y 25 de diciembre. (altro…)

El Lejano Norte. “Un plan sangriento”, de Graeme Macrae

Con mucho pudor y cierta vergüenza voy a estrenar la sección de artículos en castellano en este espacio. Desde hace tiempo tenía esta idea en la cabeza, pero hasta la fecha no he tenido el valor de poner mano a la obra. No voy a explicar las razones de mi resistencia y cierro esta breve introducción para pasar a la lectura que nos ocupa hoy.

En nuestro imaginario las tierras desoladas, donde la justicia es una quimera y el poder de personajes como los sherifs es absoluto, se sitúan todas en el Lejano Oeste norteamericano. Pueblos pequeños envueltos en el desierto de Utah, Nevada o Nuevo México, y rodeados de grandes propiedades, en gran medida aprovechadas por burdos ganaderos de vacas que solemos llamar cowboys.

En estos territorios, lejanísimos de las ciudades de la costa Este, el concepto de justicia está sintetizado en las cinco balas del cargador de un revólver, y el que sobrevive siempre es el que más rápido y con más puntería dispara. El sherif, quizás, es la persona que tiene una pizca de autoridad por el hecho de que puede acabar con la vida de alguien sin tener por ello consecuencias inmediatas. (altro…)

Il mattatore dell’Old Bailey

Durante le ultime settimane, mentre mi recavo al lavoro, ho avuto il privilegio della compagnia di un vecchio avvocato del foro di Londra, un penalista dotato di un senso dell’umorismo fuori dal comune, esperto conoscitore dei versi di Wordsworth e Keats, ammiratore del sempiterno Sherlock Holmes e ispirato dal più intrigante Shakespeare. Sto parlando dell’avvocato difensore Horace Rumpole, figlio della sagace penna di John Mortimer, che forse è ingiustamente poco noto in Italia (si trova nel catalogo di Sellerio), ma che non è da meno di alcuni grandi autori del poliziesco inglese.

John Mortimer fa parte di quella specie di scrittore appassionato, amateur letterario e, forse per questo, di gran lunga più brillante di chi con l’arte di metter una parola dietro l’altra vive. Avvocato figlio d’arte, strenuo difensore dei diritti umani in patria, ha alternato toga e parrucca con la scrittura di racconti e romanzi, nonché di sceneggiati e copioni per la BBC, tra cui spicca la serie Rumpole of the Bailey, ispirata ai racconti omonimi. (altro…)

La giusta prospettiva, un esempio dal Don Chisciotte

È ormai noto che il verbo tradurre venga associato al verbo tradire, per via della comune origine etimologica, particolarmente evidente nel prefisso trans- («tra»). Se si vuole essere precisi, però, tradurre viene dal latino traducere «trasportare», mentre tradire da tradere «consegnare», che non è proprio la stessa cosa, ma è comunque rilevante che i due verbi appartengano allo stesso campo semantico [1].
Secondo questa associazione, quindi, la traduzione sarebbe una forma di tradimento nei confronti di un testo che viene consegnato a un’altra lingua. Per quanto sia una visione suggestiva, e per quanto non si debba considerare in senso letterale negativo questa forma di tradimento, personalmente preferisco pensare che la traduzione sia una forma di dialogo, un ponte tra due universi culturali tra i quali il testo viene trasportato [2]. (altro…)

Peaky Blinders. La babele del “villain”

Non ho mai recensito una serie televisiva. A dirla tutta, ne discuto con certa parsimonia anche con gli amici. Non perché me ne vergogni, ma perché non mi considero affatto navigato nel genere (ne ho viste pochissime, complice il fatto che preferisco leggere), nonostante le molte similitudini che presenta con l’esplosione del romanzo nel Regno Unito: The Pickwick Papers, opera capolavoro con cui un giovanissimo Charles Dickens si presentò al mondo letterario britannico della prima epoca vittoriana, venne pubblicato per episodi, a puntate, e ogni capitolo creava un’aspettativa nei lettori del tutto speculare a quella che oggi creano le nuove stagioni delle serie. Anni fa, ormai quasi 10, in una gelida serata all’Università di Siena, il Prof. Guido Mazzoni, in una brillante lezione di Teoria della Letteratura, condivise con noi studenti una previsione: tra duecento anni studieremo le serie televisive come oggi studiamo i romanzi del XIX secolo. Voleva dire che daremo alle prime lo stesso status che diamo ai secondi, elevandole a cultura alta. (altro…)

Noir contemporaneo: dov’è la Letteratura?

Qualche domenica fa, Javier Marías scriveva su El País che la letteratura contemporanea è sempre più deludente, in particolare perché chiunque abbia vissuto un qualsiasi dramma si sente in obbligo non solo di scriverlo (che potrebbe pure essere terapeutico), ma anche di pubblicarlo e venderlo. Marías ammette di essere un’eccezione, visto che di questa letteratura patetica (da pathos) c’è grande richiesta e gli editori cercano storie di violenza familiare, esclusione, emarginazione, discriminazione, ecc. L’autore della serie degli Innamoramenti chiude il suo intervento affermando che, ormai, scrittori ed editori guardano quasi esclusivamente al contenuto, mentre la forma viene ignorata.
Parlando di Antonio Tabucchi, Andrea Bajani su La Repubblica del 22 ottobre scorso scriveva che l’opera dell’autore toscano è “l’evidenza di quanta bellezza e quanto turbamento insieme produca l’Inquietudine, intesa come quel dispositivo brevettato da Fernando Pessoa, che fa sì che tra la realtà e il suo traverso sulla pagina ci si metta di mezzo l’immaginazione. Che cioè la letteratura sia il sogno che un’epoca produce, e non sempre i sogni sono sogni d’oro”.

(altro…)

Chi è l’uomo?

Il capitano di una nave della ONG spagnola Open Arms è indagato per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Benoit Ducos, un cittadino francese, è indagato nel suo Paese per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Open Arms lavora nel Mediterraneo, nel mar d’Africa, tra la Sicilia e la Libia.
Benoit Ducos opera sulle Alpi, in montagna, nell’Alta val Susa, tra Francia e Italia.
La loro colpa è aver soccorso e cercato di salvare persone, esseri umani, in seria difficoltà. Che rischiavano di morire.
Open Arms ha portato in salvo 218 naufraghi ostaggio della marina libica, che operava fuori dalle acque territoriali del suo Paese.
Benoit Ducos ha caricato sulla sua auto e portato in ospedale una donna nigeriana che stava morendo di parto.
Sono accusati di un reato che, paradossalmente, la loro azione ha evitato. (altro…)

“Vedo le cose con amara lucidità”. Intervista con Massimo Fagnoni

Nel febbraio 2016, il mio editore, Carlo Frilli, mi mise in mano un libro e mi disse: “Leggiti Fagnoni, ne vale la pena”. Tornai a casa, a Genova, e poi a Barcellona, con curiosità e dubbi. Il libro in questione era Bologna non c’è più e l’autore, Massimo Fagnoni, per me era un perfetto sconosciuto. La lettura di quel libro si riversò in una delle recensioni più liberatorie che abbia mai scritto, tanto liberatoria che, ogni tanto, Massimo mi ringrazia ancora per le parole scritte quel giorno. Nulla da ringraziare, ripeto sempre, se c’è da parlar bene si parla bene, se c’è da stroncare, si stronca. Con uguale obiettività e rispetto. Da quella recensione ne nacque un lungo carteggio, tra e-mail tradizionali e messaggi su Facebook, un epistolario virtuale abbastanza corposo e ricco, più per merito di Massimo che mio. Se tra cinquanta o cento anni ci sarà qualche filologo che si interessi alla sua opera e trovi questa corrispondenza, non lo invidio. Frammentata e liquida come ogni corrispondenza di questo secolo XXI, non sarà facile per il filologo del futuro ricostruirla.

(altro…)

Un condensato di intertestualità brillanti e intuizioni geniali. “Scommessa a Mephis”, di Mirko Giacchetti

Capita a volte di leggere qualcosa che ti sorprende. Un testo, anche breve, che non aspettavi planasse sulla tua scrivania, di cui ignoravi l’esistenza (per pigrizia) e che non avevi mai cercato. Quindi lo leggi, con interesse, perché nei confronti dell’autore provi stima e rispetto. Ma l’interesse si trasforma ben presto nella conferma di un’affinità che avevi già intuito, in qualche modo assaporato, una sera d’estate, quando l’autore del testo in questione si è sobbarcato quasi 200 km per venire a presentarti nella tua città. E dei tuoi libri ha capito tutto, te lo sbatte in faccia con parole appena sussurrate e tu quasi sei dispiaciuto di non poter passare con lui la serata, a parlare di letteratura, a discettare di cultura postmoderna, ma soprattutto a fare a gara a chi ha più numeri di Dylan Dog (lui) tra una citazione di Montale e un passo di Nebbia di Unamuno (è l’unico che ha capito il riferimento contenuto nei miei libri, chapeau). Alla fine la presentazione è quasi un ingombro, con buona pace del mio editore e della libraia (bravissima e gentilissima) che ci ha ospitati. (altro…)